Procedura di riassegnazione
del nome a dominio
ahoo.it
Ricorrente: Yahoo! Italia S.r.l. (Società
Italiana Brevetti S.p.A. - Avv. Pier Luigi Roncaglia)
Resistente: Esa-net S.r.l. (Avv. Claudio
Giangiacomo)
Collegio (unipersonale): Avv. Pieremilio
Sammarco
SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA
Con ricorso pervenuto alla Crdd via
e-mail il 27 agosto 2001 la Yahoo! Italia S.r.l., rappresentata dalla Società
Italiana Brevetti, in persona dell’avv. Pier Luigi Roncaglia, introduceva
una procedura di riassegnazione ai sensi dell'art. 16 delle vigenti regole
di naming, per ottenere il trasferimento del nome a dominio ahoo.it, registrato
dalla Esa-net S.r.l.
In data 28 agosto 2001, la segreteria
della Crdd verificava l'intestatario del nome a dominio sul data
base whois della Registration Authority, nonché la pagina web risultante
all'indirizzo www.ahoo.it. Le verifiche confermavano i dati contenuti nel
ricorso, ed in particolare:
- che il dominio ahoo.it risultava assegnato
alla Esa-net S.r.l. dal 29 marzo 2000;
- che il dominio ahoo.it era stato sottoposto
a contestazione il 9 agosto 2001;
- che all'indirizzo www.ahoo.it risultava
una pagina attiva.
In data 3 settembre 2001, perveniva anche
l'originale cartaceo del ricorso. La segreteria della Crdd verificava nuovamente
la pagina web all'indirizzo www.ahoo.it. Verificata la regolarità
del ricorso, in data 5 settembre 2001 la segreteria della Crdd provvedeva
ad inviare per raccomandata alla Esa-net S.r.l. copia del ricorso e della
documentazione ad esso allegata; contestualmente, copia del ricorso in
formato elettronico veniva inviato per posta elettronica agli indirizzi
risultanti dal database whois.
Il 21 settembre 2001 pervenivano alla
Crdd, da parte della Esa-Net S.r.l., rappresentata dall’ avv. Claudio Giangiacomo,
le repliche e la documentazione allegata che, lo stesso giorno, venivano
spedite all’ avv. Pier Luigi Roncaglia. In pari data perveniva alla Crdd
anche un’appendice alla memoria di replica che veniva spedita al ricorrente
in data 24 settembre 2001.
La Crdd nominava con lettera 24 settembre
2001 il sottoscritto saggio, il quale, in data 26 settembre 2001, accettava
l’incarico.
* * * * * * *
La ricorrente Yahoo Italia S.r.l. fonda
la propria richiesta di riassegnazione del nome a dominio ahoo.it sulla
circostanza che esso è simile alla propria denominazione sociale
ed al proprio marchio registrato “Yahoo!” e, pertanto, idoneo a creare
confusione nel pubblico. La stessa ricorrente espone e documenta una serie
di circostanze di fatto e di diritto che a suo dire fonderebbero la procedura
di riassegnazione del nome a dominio contestato.
In primo luogo, la società ricorrente
assume di essere una delle filiali europee della società statunitense
Yahoo! Inc., una delle più note aziende a livello mondiale nel settore
dell’infomatica e, in particolar modo, di Internet. Essa, tramite il suo
sito Internet internazionale www.yahoo.com e le sue versioni locali con
ccTLD differenti, offre i propri servizi ad oltre 100 milioni di utenti
in tutto il mondo.
In virtù di tale successo mondiale,
la denominazione sociale ed il marchio della ricorrente avrebbero raggiunto
un grado di celebrità rilevantissimo. Documentava la ricorrente
la brevettazione del proprio marchio registrato “Yahoo!”, per contraddistinguere,
tra gli altri, i servizi di telecomunicazione e di posta elettronica, i
servizi di informazione sui siti web e reti di comunicazione globale, i
servizi di software e hardware per la ricerca ed il recupero di informazioni,
di software per la trasmissione della posta elettronica.
Sulla base di tali risultanze, la ricorrente
si doleva della registrazione del nome a dominio www.ahoo.it effettuata
dalla società ESA-NET s.r.l. a cui corrisponde un portale che offrirebbe
servizi identici a quelli di Yahoo!.
Deduceva, infine, la ricorrente che la
ESA-NET avrebbe preteso un ingente corrispettivo economico per consentire
il trasferimento in favore della Yahoo! Italia S.r.l. della registrazione
in questione.
Replicava alle contestazioni mossele la
ESA-NET s.r.l. sostenendo che i servizi da essa offerti, anche se genericamente
assimilabili a quelli della società ricorrente, sarebbero assolutamente
unici nel loro genere ed assolutamente inconfondibili. L’intero portale
attivato dalla società resistente sarebbe caratterizzato da espressioni
del mondo dialettale e da uno spirito fortemente ironico e divertente tali
da non creare confusione con i contenuti offerti dal portale della ricorrente.
Sosteneva, inoltre, la resistente
che la denominazione adottata come nome a dominio oggetto della contestazione
sarebbe una tipica espressione romanesca, usata per richiamare l’attenzione
delle altre persone, ormai entrata a far parte anche dei dizionari della
lingua italiana e che, quindi, non dovrebbe essere considerata una variazione
capziosa della denominazione o del marchio legittimamente usati dalla ricorrente.
Contestava, infine, la resistente di aver mai richiesto alla ricorrente
alcun corrispettivo economico per il trasferimento della registrazione
reclamata.
Nell’appendice della memoria di replica,
la società resistente depositava domanda di brevetto (per la classe
di prodotti n. 38 – telecomunicazioni) per un marchio complesso composto
dalla denominazione ahoo accompagnata da alcuni elementi grafici che arricchiscono
e completano la parola in questione.
Replicava la ricorrente a tale deposito
eccependo alcune irregolarità formali che la resistente non avrebbe
osservato, quale, nello specifico, la mancanza della dichiarazione che
le informazioni contenute nella memoria di replica sono complete e veritiere
di cui all’art. 5.6 della Procedura di Riassegnazione, nonché la
mancanza dell’autorizzazione al trattamento dei dati personali di cui alla
legge 675/1996. Per effetto di tali inosservanze, la società resistente
chiedeva lo stralcio degli scritti depositati dalla controparte.
Rilevava, infine, che la domanda di registrazione
del marchio ahoo era stata depositata in data 5 giugno 2000, cioè
in epoca successiva alla data di registrazione del nome a dominio www.ahoo.it,
avvenuta in data 29 marzo 2001. In virtù di tale circostanza, assumeva
che la resistente, contrariamente a quanto aveva dichiarato nella lettera
di assunzione di responsabilità, non aveva, all’epoca, alcun titolo
all’uso e/o disponibilità giuridica del nome a dominio richiesto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
QUESTIONI PRELIMINARI:
Sulla inosservanza dell’art. 5.6 della
procedura di riassegnazione:
La ricorrente sostiene che la mancanza
della indicazione al termine della memoria di replica redatta dalla resistente
della dichiarazione di cui all’art. 5.6 possa essere un motivo idoneo a
stralciare gli scritti difensivi da quest’ultima depositati. In proposito,
va rilevato che tale ipotesi non è sanzionata da nullità
e, pertanto, non può, in mancanza di previsione espressa, essere
comminata alcuna misura. Potrà, tutt’al più, essere considerata
come un elemento dal quale il giudicante potrà trarre degli elementi
utili alla decisione.
Ugualmente, non può essere considerato
pertinente nella procedura in questione la mancanza dell’autorizzazione
al trattamento dei dati personali di cui alla legge 675/1996, essendo questo,
eventualmente, un rapporto esclusivamente facente capo all’ente conduttore
in qualità di soggetto titolare del trattamento, e all’interessato,
nella specie, la ESA-NET S.r.l..
NEL MERITO:
Passando al merito del ricorso, secondo
l’art. 16.6 delle Regole di Naming (corrispondente, per quel che qui rileva,
all’art. 4.a della Uniform Domain Name Dispute Resolution Policy adottata
da ICANN il 24 ottobre 1999), un nome a dominio sottoposto alla procedura
di riassegnazione viene trasferito al soggetto ricorrente ove questi dimostri
che
a) il nome a dominio contestato è
identico o tale da indurre confusione rispetto ad un marchio su cui egli
vanta diritti, o al proprio nome e cognome;
b) l’attuale assegnatario, ovvero il resistente,
non abbia alcun diritto o titolo in relazione al nome a dominio contestato;
c) il nome a dominio sia stato registrato
e venga usato in mala fede.
Va, pertanto, ai fini della risoluzione
della controversia, esaminata la questione sotto tutti e tre i profili
enunciati.
A- SULLA IDENTITÀ O SOMIGLIANZA.
La ricorrente ha allegato agli atti
una completa documentazione che attesta l’avvenuta registrazione del marchio
“Yahoo!” per diverse classi di prodotto.
Sulla denominazione sociale e sul
marchio di proprietà della società ricorrente vanno effettuate
alcune osservazioni. La denominazione Yahoo! è oggetto di forti
investimenti promozionali in tutto il mondo ed è altresì
dotata di una elevatissima capacità distintiva in quanto essa è
frutto di fantasia ed è, altresì, del tutto slegata e priva
di collegamenti con la natura dei servizi offerti al pubblico. Da ciò
ne deriva che il marchio registrato possa considerarsi forte e, come tale,
dotato di una maggiore protezione legislativa contro l’uso, anche modificato,
fattone da terzi non autorizzati.
Per effetto di tali circostanze, l’utilizzo
di una denominazione simile a quella del marchio Yahoo! deve considerarsi
illegittimo e configurante l’ipotesi di una contraffazione, oltre che atto
di concorrenza sleale, nel caso sussistano i requisiti soggettivi.
Nel caso di specie, la denominazione adottata
come registrazione del nome a dominio (e poi come marchio) dalla società
resistente, porta con sé delle lievi varianti del marchio registrato
dalla resistente. Queste lievi varianti, in considerazione dell’alto grado
di protezione legislativa accordata al segno della ricorrente, non sono
idonee ad escludere l’ipotesi della confondibilità.
Né può essere, nel caso
di specie, obiettato che la denominazione impiegata come nome a dominio
dalla resistente possa essere intesa come una autonoma parola od espressione
entrata a far parte della lingua italiana atteso che, nel dizionario Zingarelli,
essa non è presente nella dicitura di cui trattasi ma è presente
unicamente in modo differente, ovvero con una sola lettera “o” finale.
Per tali ragioni, si può affermare
che le due denominazioni in esame sono tra loro confondibili e, in considerazione
dell’elevata capacità distintiva del segno Yahoo!, la denominazione
ahoo adottata dalla resistente è idonea a sviare indebitamente gli
utenti della rete in suo favore.
Sulla scorta di tali osservazioni si ritiene
soddisfatto il primo requisito di cui alla lettera a) dell’art. 16.6 delle
Regole di Naming e risulta provato dalla ricorrente il suo astratto titolo
al nome a dominio contestato.
B- SUL DIRITTO AL NOME A DOMINIO CONTESTATO.
Ai sensi della lettera b) dell’art. 16.6
delle Regole di Naming, per il trasferimento del nome a dominio contestato
in favore della società ricorrente, occorre che l’attuale assegnatario
non abbia alcun diritto o titolo in relazione al nome a dominio in questione.
Attualmente, le Regole di Naming
prevedono esplicitamente che “se il ricorrente prova che sussistono assieme
le condizioni A” (il nome a dominio contestato è identico o tale
da indurre confusione rispetto ad un marchio su cui egli vanta diritti)
“e C “ (il nome a dominio sia stato registrato e venga usato in mala fede)
“di cui sopra ed il resistente non prova a sua volta di avere diritto o
titolo in relazione al nome a dominio contestato, quest'ultimo viene trasferito
al ricorrente”.
Il terzo comma dell’art. 16.6 prevede
poi tre circostanze, dimostrando una delle quali il resistente viene ammesso
a godere della presunzione juris et de jure di aver titolo al nome e dominio.
In particolare, il n. 1 della citata norma prevede che il ricorrente sia
ritenuto avere titolo al nome a dominio in contestazione qualora dimostri
che “prima di avere avuto notizia della contestazione in buona fede ha
usato o si è preparato oggettivamente ad usare il nome a dominio
o un nome ad esso corrispondente per offerta al pubblico di beni e servizi”.
Ora, nel caso di specie, la società resistente ha prodotto agli
atti una domanda di registrazione di marchio relativo alla denominazione
adottata come nome a dominio oggetto della contestazione depositata in
data 5 giugno 2000, ossia di oltre un anno precedente alla contestazione
del nome a dominio da parte della ricorrente, avvenuta il 9 agosto 2001.
Tale richiesta di registrazione del marchio,
pertanto, ai sensi delle vigenti Regole di Naming, attesta un diritto od
un titolo all’uso del nome a dominio in questione sotto un duplice profilo:
da un lato, infatti dimostra di per sè l’esistenza di un diritto
al nome a dominio in contestazione, essendo esso corrispondente ad un marchio
di cui e’ stata chiesta la registrazione; dall’altro è elemento
oggettivo che dimostra l’esistenza della circostanza di cui all’art. 16.6
punto 1.
Sotto il primo profilo, va osservato che
secondo le regole di Regole di Naming che governano la procedura in questione,
anche una domanda di registrazione di una denominazione come marchio di
impresa corrispondente al nome a dominio oggetto di contestazione, depositata
in epoca successiva alla richiesta di registrazione, se effettuata in buona
fede, è idonea ad affermare l’esistenza del titolo e la legittimità
dell’uso. Non è infatti indicato nelle regole di naming che il titolo
all’utilizzo del nome a dominio oggetto di contestazione debba essere posseduto
al momento della domanda di registrazione presentata alla Registration
Authority, potendo, quindi, lo stesso essere acquisito in buona fede anche
successivamente.
A tale conclusione si giunge osservando
da un lato che: a) le Regole di Naming non giustificano alcuna interpretazione
restrittiva che imponga di provare l’esistenza del titolo al momento della
registrazione; b) tale requisito può essere ricavato dalla lettera
di assunzione di responsabilità, laddove in essa è previsto
unicamente che il registrante dichiari di avere titolo all'uso e/o disponibilità
giuridica del nome a dominio richiesto e di non ledere con tale richiesta
di registrazione diritti di terzi; c) non appare criticamente fondato ritenere
che chiunque si appresti ad effettuare una registrazione di un nome a dominio
debba necessariamente possedere una registrazione di marchio per la denominazione
che si vuole impiegare, dovendo, in difetto, ricadere nell’ipotesi dell’uso
in mala fede; dall’altro che il dato testuale dell’art. 16.6 punto 1 delle
regole di naming prevede espressamente come elemento temporale significativo
per valutare la formazione di un titolo di buona fede all’uso del nome
a dominio non la data di registrazione del nome a dominio stesso, bensì
la data di conoscenza della contestazione da parte del resistente.
Per quanto riguarda invece il profilo
della buona fede richiesta dall’art. 16.6 punto 1 delle regole di naming,
si osserva che anche nelle regole di naming vale il principio fondamentale
del nostro ordinamento secondo il quale la buona fede si presume; con la
conseguenza che sarebbe spettato al ricorrente dimostrare che la registrazione
del nome a dominio era avvenuta in malafede.
Tale dimostrazione non appare essere stata
fornita dalla Yahoo!. La stessa difesa della ricorrente afferma infatti
che la prima lettera di diffida alla Esa Net fu inviata solo il 21 dicembre
2000, ossia 9 mesi dopo la registrazione del nome a dominio, e 6 mesi dopo
il deposito della domanda di registrazione del marchio “Ahoo” depositata
dalla Esa Net.
Alla luce di quanto rilevato, la resistente,
con la domanda di brevettazione come marchio di impresa depositata in data
5 giugno 2000, ha dimostrato il proprio titolo all’uso della denominazione
come nome a dominio.
Pertanto, non è stata provata nella
presente procedura anche la necessaria fattispecie di cui all’art. 16.6
lettera b) delle Regole di Naming.
Ci sia consentita una breve riflessione
sul contrasto apparente tra il profilo sulla identità o somiglianza
di cui alla lettera a) dell’art. 16.6. riconosciuto alla ricorrente e quello
inerente al diritto all’uso di cui alla lettera b) dello stesso articolo,
negato alla ricorrente. Può sembrare, infatti, illogico riconoscere
che la denominazione adottata come registrazione del nome a dominio dalla
resistente sia confondibile con il marchio della ricorrente e, nel contempo,
attribuire alla domanda di registrazione della stessa denominazione impiegata
come nome a dominio dalla resistente, la valenza di titolo idoneo all’uso.
Ebbene, questo apparente contrasto si deve alla portata delle procedure
di riassegnazione, cui punto focale è la buona fede dell’assegnatario
del nome a dominio e solo in via secondaria l’accertamento dell’astratto
diritto del ricorrente, la cui definitiva determinazione è di competenza
dell’autorità giudiziaria ordinaria. Per questo motivo le Regole
di Naming (a cui, nella presente procedura, si deve necessariamente fare
riferimento), obbligatoriamente prevedono, ai fini della riassegnazione
del nome a dominio, la soddisfazione di tutti e tre i requisiti indicati
nell’art. 16.6 (o almeno quello contraddistinto con la lettera a) e quello
contraddistinto dalla lettera c) ed il resistente non attesti la presenza
del requisito indicato dalla lettera b)).
Diversa valutazione potrebbe essere resa
in sede di giurisdizione ordinaria, laddove è sufficiente l’ipotesi
della confondibilità per l’inibizione dell’uso della denominazione
simile impiegata da terzi.
C- REGISTRAZIONE ED USO IN MALA FEDE.
Per quanto attiene, infine, alla
malafede nella registrazione e nell’uso del nome a dominio (il cui accertamento
è comunque superfluo, dato l’accertamento del titolo della Esa Net
al nome a dominio registrato), valgono le considerazioni già accennate
in precedenza.
In atti non vi è alcuna prova o
riscontro di un asserito comportamento della resistente diretto a rivendere,
dietro un ingente corrispettivo economico, la registrazione del nome a
dominio in questione. Per tale ragione, nessun elemento utile ai fini della
decisione può essere tratto da tale circostanza.
Nè appare provato che il nome a
dominio sia stato registrato in malafede e mantenuto in malafede, atteso
che la resistente ha documentalmente provato l’esistenza della propria
domanda di registrazione di marchio avvenuta in data 5 giugno 2000, successiva
alla registrazione del dominio avvenuta in data 29 marzo 2000. Dato che
solo il 20 dicembre 2000 la ricorrente ha per la prima volta diffidato
la Esa Net e solo il 9 agosto 2001 il nome a dominio è stato ufficialmente
contestato presso la Registration Authority, non vi sono elementi per dedurre
la malafede nella registrazione.
Diverso valore, ai fini dell’accertamento
della mala fede, avrebbe ovviamente avuto una presentazione della domanda
di registrazione del marchio avvenuta successivamente alla contestazione
(9 agosto 2001) o addirittura nel corso del giudizio sulla riassegnazione
del dominio contestato; ma allo stato degli atti, in mancanza di qualsivoglia
altro documento atto a provare la malafede nella registrazione e nel mantenimento
del nome a dominio, la domanda della Yahoo! non può che essere rigettata.
CONCLUSIONI
Attesa la dimostrazione del diritto della
resistente al nome a dominio registrato e considerato che la ricorrente
non ha provato l’esistenza di circostanze da cui desumere la illegittimità
della registrazione, nonché l’uso in mala fede, il ricorso deve
considerarsi respinto.
P.Q.M.
Viste le vigenti Regole di Naming,
SI RESPINGE
il ricorso presentato dalla Yahoo! Italia
S.r.l. per la riassegnazione del nome a dominio “ahoo.it”, che rimane pertanto
legittimamente assegnato alla ESA-NET S.r.l.
La presente decisione verrà comunicata
alla Registration Authority per i provvedimenti di cui all’art. 14.5 lett.
a) delle Regole di Naming.
Roma, 22 ottobre 2001
Avv. Pieremilio Sammarco |