Procedura di riassegnazione dei nomi a dominio 
AMAZOBN.IT, AMAZONH.IT, AKMAZON.IT, AMAZOHN.IT, AMAZOLN.IT, AXMAZON.IT, AMAWZON.IT, AMAZOPN.IT,  AMAZ9ON.IT,  AMAZXON.IT,  AZMAZON.IT,  AMAZ0ON.IT,  AMJAZON.IT,  AMXZON.IT,  AMAZOJN.IT,  XAMAZON.IT,  AMAZSON.IT,  AMAZLON.IT,  QAMAZON.IT, AMAZONJ.IT,  SAMAZON.IT

Ricorrente:  Amazon Europe Holding Technologies SCS (Avv. Marco Berliri e Thomas Micarelli)
Resistente: Nextone Media Ltd.
Collegio (unipersonale): avv. Maria Luisa Buonpensiere

Svolgimento della procedura

In data 24 febbraio 2013 perveniva via e-mail alla CRDD ricorso proposto da Amazon Europe Holding Technologies SCS (nel seguito, per brevità, semplicemente Amazon) con sede in Boulevard grande-Duchesse Charlotte, 65, 1331 Lussemburgo Città (Lussemburgo), in persona del suo amministratore e legale rappresentante  Joceylin Krabbenschmidt, rappresentata e difesa dagli avvocati Avv. Marco Berliri e Thomas Micarelli, giusta procura rilasciata a Seattle (USA) il 29 novembre 2011, munita di apostilla ai sensi della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, allegata al ricorso stesso con traduzione giurata.

Con detto ricorso la Amazon chiedeva la riassegnazione dei nomi a dominio amazobn.it,  amazonh.it, akmazon.it, amazohn.it, amazoln.it, axmazon.it, amawzon.it, amazopn.it, amaz9on.it,  amazxon.it, azmazon.it, amaz0on.it, amjazon.it, amxzon.it,  amazojn.it  xamazon.it,  amazson.it,  amazlon.it, qamazon.it, amazonj,it, samazon.it, che affermava esser stati tutti registrati dalla Nextone Media Ltd., con sede in 147 Station Road, North Clinford, E46AG, Londra (Regno Unito).

Verificata la regolarità del ricorso e della relativa documentazione, C.R.D.D. provvedeva alle dovute verifiche, dalle quali si poteva evincere in particolare:
  • a) che tutti i 21 nomi a dominio contestati da Amazon erano stati registrati in data 20 novembre 2012 dalla Nextone Media Ltd.;
  • b) che essi erano stati sottoposti ad opposizione, debitamente registrata sul database del Registro;
  • c) che digitando un indirizzo internet costituito da http://www. seguito da ciascuno dei nomi a dominio contestati, si veniva invariabilmente redirezionati alla pagina www.offerteshopping.it (dominio anch’esso registrato dalla Nextone Media Ltd), che dava accesso ad un sito che offriva in vendita online beni di ogni genere.
C.R.D.D. chiedeva conferma dei dati della Nextone Media Ltd. al Registro, il quale il 26 febbraio 2013 comunicava che i domini in questione risultavano registrati dalla Nextone Media Ltd., con sede in Street Privacy Road, 00456, Londra, Regno Unito. A tale indirizzo, pertanto, in data 27 febbraio 2013 C.R.D.D. spediva per raccomandata ricorso e documentazione, con l'invito alla Nextone Media a far pervenire a C.R.D.D. proprie repliche entro 25 giorni dal ricevimento.

Successivamente, le poste restituivano ricevuta di ritorno, dalla quel risultava che il plico con il ricorso era stato ricevuto dalla Nextone Media Ltd. il 4 marzo 2013.

Inutilmente scaduto il 29 marzo 2013 il termine per le repliche, il 2 aprile 2013 C.R.D.D. incaricava della decisione l’avv. Maria Luisa Buonpensiere, che il 5 aprile accettava l’incarico.

Posizione delle parti.

La Amazon afferma e documenta di essere società che, operando a livello internazionale attraverso numerosi nomi a dominio omonimi, offre in vendita su internet un grandissimo numero di prodotti in pressoché tutti i settori commerciali.

Nell’ambito di tale attività, il cui fatturato è di svariati milioni di euro annui, la Ricorrente ha registrato sin dalla fine del secolo scorso in varie sedi (fra cui comunitaria ed italiana) il marchio “amazon” e, per quel che qui rileva, anche il marchio “amazon.it” (marchio italiano depositato il 15 novembre 2000 e successivamente rinnovato)

La ricorrente afferma di essere venuta a conoscenza nel gennaio 2012 che la Nextone Media aveva registrato il nome a dominio “–amazon.it”. A seguito di diffida e successive trattative, il 12 ottobre 2012 veniva firmato un accordo (prodotto agli atti) sulla cui base Nextone Media, in persona del suo amministratore Nicola di Campli, cedeva ad Amazon il nome a dominio “–amazon.it” a fronte di un corrispettivo di 500 dollari USA e si impegnava a non registrare o usare alcun nome a dominio che fosse confondibile con i marchi registrati da Amazon.

Nonostante tale impegno, il successivo 20 novembre 2012 Nextone Media registrava i nomi a dominio oggetto della presente procedura, che la ricorrente ritiene confondibili con i propri marchi ed il proprio nome.

Alle successive diffide di Amazon, Nextone Media dichiarava di essere disponibile a trasferire i suddetti nomi a dominio per la complessiva somma di euro 11.500, curando di segnalare che “any action to force the domain transfer will be less easy and more expensive”. A seguito di tale richiesta, Amazon proponeva opposizione innanzi al Registro, indi introduceva la presente procedura di riassegnazione.

Alla fondamento della propria richiesta, Amazon afferma che i nomi a dominio in contestazione sarebbero tutti confondibili con il marchio Amazon, dal quale differiscono unicamente per l’aggiunta di una lettera.

Da parte sua, la Nextone Media non avrebbe alcun diritto o titolo che la legittimerebbe a registrare i domini in contestazione.

Infine, la malafede nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio sarebbe provata non soltanto dallo svolgersi della vicenda come poc’anzi esposta, ma anche da una serie di altre circostanze, quali la richiesta di un corrispettivo per il trasferimento palesemente superiore al costo di registrazione e mantenimento dei nomi a dominio, la circostanza che il sito verso cui l’utenza viene reindirizzata svolge o consente a terzi di svolgere attività in concorrenza con quella di Amazon, che la Nextone Media è nota per essere stata convenute in procedure di riassegnazione nelle quali, analogamente alla presente, aveva registrato un gran numero di nomi a dominio confondibili con marchi famosi.

Amazon conclude pertanto chiedendo la riassegnazione dei 21 nomi a dominio contestati.

La Resistente, pur avendo regolarmente ricevuto ricorso e documentazione, non ha fatto pervenire nulla entro i termini previsti dal regolamento.


Motivi della decisione

Identità e confondibilità dei nomi a dominio

In base all'art. 3.6 lett. a) del Regolamento, affinché si possa riscontrare il requisito della identità o confondibilità “il nome a dominio deve essere identico o tale da indurre a confusione rispetto ad un marchio, o altro segno distintivo aziendale, su cui il ricorrente vanta diritti, o al proprio nome e cognome”.

La Ricorrente vanta diritti di privativa sulla parola amazon, in quanto essa corrisponde sia alla parte qualificante della sua denominazione sociale, sia a vari marchi da essa registrati in varie sedi.

Tutti i nomi a dominio in contestazione hanno in comune la caratteristica di essere formati dalla parola amazon, cui è aggiunta una lettera (amazobn.it,  amazonh.it, akmazon.it, amazohn.it, amazoln.it, axmazon.it, amawzon.it, amazopn.it, amazxon.it, azmazon.it, amjazon.it, amazojn.it  xamazon.it,  amazson.it,  amazlon.it, qamazon.it,  amazonj,it, samazon.it) o una cifra (amaz9on.it,  amaz0on.it), oppure è sostituita una lettera (amxzon.it).

Le lettere aggiunte alla parola amazon sono lettere che, nelle tastiere comunemente in uso in Italia, sono adiacenti alle lettere della parola amazon vicino cui, nei nomi a dominio in contestazione, sono inserite. Ad esempio, le cifre 9 e 0 inserite prima della “o” nei nomi a dominio amaz9on.it e  amaz0on.it, corrispondono sulla tastiera a tasi adiacenti a quello della lettera “o”; le lettere “s” e “q” dei domini samazon.it e qamazon.it sono adiacenti alla lettera “a”; e via dicendo.

Ciò configura un tipico caso “typosquatting”, ossia di accaparramento di nomi a dominio corrispondenti a parole confondibili con marchi famosi, derivanti da errori di digitazione sulla tastiera.

Sotto questo profilo, i nomi a dominio possono essere ritenuti confondibili con i marchi registrati dalla Ricorrente; e non soltanto quelli in cui le lettere della parole amazon sono contenute per intero nell’ordine in cui sono poste nel segno oggetto di privativa della Ricorrente, ma anche in quel nome a dominio (amxzon.it) in cui una lettera è sostituita da un’altra.

Diritto o titolo della Resistente ai nomi a dominio in contestazione.

Da parte sua, la Nextone Media – non essendosi costituita in giudizio – non ha dimostrato di avere alcun diritto o titolo ai nomi a dominio in contestazione; né, da quanto agli atti o rilevabile d’ufficio su internet, risulta alcuna delle circostanze dalle quali il regolamento consente di desumere un titolo del resistente ai nomi a dominio in contestazione.

Al contrario, quanto documentato dalla Ricorrente porta decisamente ad escludere che la Resistente possa aver un qualsivoglia titolo che la legittimasse alla registrazione dei suddetti nomi.

Malafede della resistente.

L’art. 3.6, I co., lett. c) del Regolamento richiede, ai fini del trasferimento, che il nome a dominio sia stato registrato e venga usato in mala fede.

I fatti documentati dalla ricorrente integrano più di una delle circostanze dalle quali il regolamento consente dedurre la malafede nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio.
Anzitutto, è documentata la circostanza di cui all’art. 3.7, lett. a) del regolamento. La Resistente ha infatti richiesto ad Amazon la somma di 500 euro per ciascun nome a dominio, che è somma palesemente “superiore ai costi ragionevolmente sostenuti dal resistente per la registrazione ed il mantenimento del nome a dominio” palesemente ben superiore alla somma necessaria ad un utente finale per registrare e mantenere un nome a dominio in Italia da primari fornitori di servizi.

In secondo luogo è provata la circostanza di cui all’art. 3.7, lett. b) del regolamento, ossia che i nomi a dominio in contestazione sono utilizzati per attività in concorrenza con quella del ricorrente. Tutti e 21 i nomi a dominio in contestazione, infatti, reindirizzano l’utente internet sul dominio offerteshopping.it, nel quale – direttamente o mediante link a siti terzi – vengono effettuate vendite online di svariati prodotti; ossia, esattamente l’attività svolta da Amazon.

In terzo luogo è provata la circostanza di cui all’art. 3.7, lett. c) del regolamento. È infatti indubbio che l’utilizzo dei 21 nomi a dominio in contestazione danneggia gli affari della Ricorrente e ne usurpa il nome.

In quarto luogo, sussiste la circostanza di cui all’art. 3.7, lett. d) del regolamento. E’ infatti stato dimostrato che i nomi a dominio in contestazione sono intenzionalmente utilizzati “per attrarre, a scopo di trarne profitto, utenti di Internet, ingenerando la probabilità di confusione” con il nome ed i marchi della Ricorrente.

Oltra alle circostanze che precedono – ciascuna di esse sufficiente da sola a ritenere la malafede nella registrazione e mantenimento del nome a dominio in contestazione – è da rilevare ad abundantiam che la registrazione dei nomi a dominio in contestazione rientra in un disegno accaparratorio più ampio, dimostrato dall’esistenza di una serie di procedure di riassegnazione e MAP, sia in sede nazionale che internazionale, nella quali risulta ripetuto il modus operandi della Nextone Media Ltd. emerso in questa sede.

E’ quindi provata la malafede nella registrazione e nel mantenimento dei 21 nomi a dominio contestati.

* * *

Sussistono dunque tutti i requisiti previsti dall’art. 3.6, lett. a), b) e c) a che sia disposta la riassegnazione dei nomi a dominio oggetto del presente procedimento.

P.Q.M.

Si dispone la riassegnazione dei nomi a dominio amazobn.it,  amazonh.it, akmazon.it, amazohn.it, amazoln.it, axmazon.it, amawzon.it, amazopn.it, amaz9on.it,  amazxon.it, azmazon.it, amaz0on.it, amjazon.it, amxzon.it,  amazojn.it  xamazon.it,  amazson.it,  amazlon.it, qamazon.it, amazonj,it, samazon.it alla Amazon Europe Holding Technologies SCS  con sede in Boulevard grande-Duchesse Charlotte, 65, 1331 Lussemburgo Città (Lussemburgo).
 
La presente decisione verrà comunicata al Registro del ccTLD .IT per i provvedimenti di sua competenza.

Roma, 9 aprile 2013

Avv. Maria Luisa Buonpensiere.



 
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