e-solv s.r.l.

Procedura di riassegnazione del nome a dominio
mastercard.it


Ricorrente: Mastercard International.
Resistente: Future Time di Marini Alessandro & C.  s.a.s.
Collegio (unipersonale): avv. Alessandro Zampone
 
Svolgimento della procedura

Con ricorso pervenuto alla e-solv il 27 ottobre 2000, la Mastercard International con sede in New York NY (U.S.A.) introduceva una procedura di riassegnazione ai sensi dell'art. 16 delle vigenti regole di naming in relazione al nome a dominio mastercard.it, registrato dalla Future Time di Marini Alessandro & C.  s.a.s., con sede in Uzzano (PT)

Nello stesso giorno la segreteria dell'e-solv verificava l'intestatario del nome a dominio sul data base whois della Registration Authority, nonchè la pagina web risultante all'indirizzo www.mastercard.it. La verifica evidenziava: a) che il nome a dominio risultava registrato il 21 dicembre 1999; b) che la contestazione del dominio non risultava ancora inserita nel data base della Registration Authority; c) che alla pagina www.mastercard.it si trovava una pagina web con un modulo per la ricerca  su un database whois.

Inserita da parte della RA la contestazione nel proprio data base whois, la segreteria della e-solv provvedeva in data 3 novembre 2000 a inviare ricorso e documentazione alla Future Time s.a.s. La e-mail inviata all'indirizzo postmaster@mastercard.it veniva restituita dal sistema con la dicitura "user unknown". Successivamente, perveniva dalla ricorrente richiesta di rettifica di un errore materiale contenuto nel ricorso, rettifica che la e-solv inoltrava al resistente in data 4 novembre 2000.

        Tale rettifica, che completava la documentazione ed il ricorso ricevuti dalla Future Time il 6 novembre 2000, è risultata ricevuta dal resistente l'8 novembre 2000; e da tale data, pertanto, sono iniziati a decorrere i 25 giorni concessi al resistente dalle regole di naming per depositare le proprie repliche.

     In data 30 novembre 2000 perveniva alla e-solv lettera con cui l'avv. Giovanni Biagi, indicando di agire quale legale della Future Time s.a.s., comunicava di aver convenuto in giudizio innanzi al tribunale di Pistoia la Mastercard International. Tale evento veniva  comunicato al rappresentante della ricorrente, il quale dichiarava il giorno successivo che nulla risultava notificato alla ricorrente.

 Al contempo l'avv. Biagi faceva pervenire via fax alla e-solv copia dell'atto di citazione di cui alla precedente comunicazione. Il suddetto fax veniva inoltrato con lo stesso mezzo al rappresentante della Mastercard International nel pomeriggio del 1 dicembre 2000 il quale comunicava all'ente conduttore che fino a quel momento nessun atto di citazione le era stato notificato dalla Future Time S.a.s.. Dal fax inviato dall'avv. Biagi risultava che l'atto di citazione era stato consegnato per la notifica all'ufficiale giudiziario in data 30 novembre 2000; ma nessuna evidenza emergeva circa la sua effettiva avvenuta notifica.

 Pertanto, scaduto inutilmente in data 4 dicembre 2000 il termine concesso dalle regole di naming al resistente per far pervenire all'ente conduttore le proprie repliche, il 5 dicembre 2000 la e-solv nominava quale saggio il sottoscritto avv. Alessandro Zampone, il quale accettava l'incarico.

Motivi della decisione

1) questioni preliminari

 In via preliminare, questo collegio deve accertare se la comunicazione dell'avv. Biagi del 30 novembre 2000 possa essere considerata o meno elemento sulla base del quale debba dichiararsi, ai sensi dell'art. 16.3, III comma delle regole di naming, l'estinzione della presente procedura.

  La risposta allo stato non può che essere negativa, sia sotto l'aspetto formale, sia sotto quello sostanziale.

 Sotto il primo, si osserva che la legittimazione sia a contraddire nella presente procedura (e quindi a produrre documentazione idonea ad incidere su di essa osservando le disposizioni circa le modalità di replica del resistente art. 5 .7 procedura di riassegnazione), sia a comunicare il sopravvenire di una litispendenza  in relazione al dominio contestato spetta esclusivamente al resistente, ossia alla Future Time s.a.s. (art. 18 delle procedure di riassegnazione, secondo cui "Nel caso in cui una Parte intraprenda un'azione legale in pendenza della  procedura amministrativa circa un nome di    dominio contestato con reclamo, essa deve darne pronta comunicazione al collegio e all'ente conduttore").

La comunicazione dell'asserita introduzione di una causa di merito proviene invece dall'avv. Biagi, il quale da un lato non è costituito nel presente procedimento per conto della resistente, dall'altro non ha neppure dimostrato di avere mandato per costituirsi o per effettuare tale comunicazione per conto della Future Time.

 Quanto alla costituzione nel presente procedimento, le regole di naming prevedono che il ricorrente faccia pervenire all'ente conduttore una replica rispondente a ben specifici requisiti, indicati nell'art. 5 delle procedure di riassegnazione; ed in mancanza di tale replica, la norma prevede che il saggio decida la controversia sulla base del solo reclamo. Orbene, la scarna lettera dell'avv. Biagi non risponde in alcun modo ai requisiti richiesti dall'art. 5 delle procedure di riassegnazione, e per tale motivo non può assolutamente essere considerato una replica.

 Ma è soprattutto sotto l'aspetto sostanziale che, allo stato, non può ritenersi configurata l'ipotesi di estinzione della procedura prevista dall'art. 16.3 delle regole di naming. Infatti tale disposizione prevede che la procedura si estingua qualora un giudizio sia "introdotto" in pendenza della stessa. Ora, esaminando la documentazione pervenuta dall'Avv. Biagi e prescindendo dal problema della legittimazione a contraddire di quest'ultimo in mancanza di una regolare costituzione della Future Time nella presente procedura, ci si accorge che non vi è prova che la notificazione dell'atto di citazione (allegato in copia fotostatica) si sia effettivamente perfezionata.

E' da ritenersi del tutto pacifico, infatti, se non altro in virtù del disposto dell'ultimo comma dell'art. 39 c.p.c., — cui si può fare riferimento dovendo il collegio assumere la propria decisione in conformità delle regole di naming, delle procedure di riassegnazione ed ai principi di diritto dell'ordinamento italiano — che la citazione  è atto recettizio e quindi deve essere notificata per raggiungere l'effetto suo proprio. Solo dal momento in cui la citazione viene notificata si verificano gli effetti processuali (ad esempio, la litispendenza) e sostanziali (p. esempio, interruzione della prescrizione) che le legge ricollega all'introduzione del giudizio. Tant'è che, significativamente, l'art. 18 delle procedure di riassegnazione si intitola "litispendenza", con ciò riferendosi chiaramente all'articolo 39 del c.p.c. dallo stesso titolo.

Del resto, facendo applicazione dei principi qui sommariamente richiamati, la giurisprudenza di legittimità ha a più riprese confermato che per determinare la data di inizio di un processo, ove detto accertamento si renda necessario per l'applicazione del principio della prevenzione (artt. 39 e 40 c.p.c.), occorre avere riguardo alla data di notifica della citazione (Cass. 11 agosto 1994 n. 7352). E ancora, ha specificato che il rapporto processuale si instaura con una valida notifica, tanto che, nel caso in cui essa si debba rinnovare, gli effetti processuali non retroagiscono alla prima notifica, sicché, ai fini della corretta applicazione del criterio della prevenzione, occorre avere riguardo alla data della notifica rinnovata, non rilevando neppure l'utilizzabilità dell'iscrizione a ruolo avvenuta con la prima notifica (Cass. 9 ottobre 1998, n. 10008).

 Per tale motivo, sinché la citazione non risulti notificata alla ricorrente, non può ritenersi iniziato ("introdotto") un giudizio avente ad oggetto il nome a dominio contestato, il cui effetto sia quello di condurre all'estinzione della procedura.

Nessuna dimostrazione è stata data circa il fatto che detto atto sia stato effettivamente notificato. Quanto inviato dall'avv. Biagi non appare quindi allo stato "una comunicazione adeguatamente documentata da parte del  resistente di aver iniziato un procedimento giudiziario" (come testualmente si esprime l'art. 16.11, cui può essere fatto riferimento in via analogica), ma attesterebbe semplicemente che egli ha consegnato in data 30 novembre 2000 all'ufficiale giudiziario di Pescia un atto di citazione affinché fosse notificato  attraverso il servizio postale.

 Pertanto, al momento in cui il procedimento viene assegnato a questo collegio non risulta agli atti alcuna valida documentazione, né dichiarazione del reclamante appositamente sollecitato dall'ente conduttore, che dimostri l'avvenuta notificazione di un atto giudiziario. Ciò impone di decidere sulla base degli atti acquisiti; senza che ovviamente ciò precluda al resistente di avvalersi in seguito del disposto dell'art. 16.11 delle regole di naming e documentare adeguatamente alla RA l'introduzione del giudizio.

2) legittimazione attiva

Ciò premesso, si può passare ad esaminare nel dettaglio la domanda presentata dalla Mastercard International, la quale ha richiesto in via principale il trasferimento del nome a dominio MASTERCARD.IT alla propria filiale europea, Mastercard International Incorporated, Chaussee de Tervuren 198 A, B-1410 Waterloo, Belgio, oppure, in subordine, la revoca del nome a dominio.

A fronte di tale richiesta,  in via preliminare è da valutare se le regole di naming italiane consentano anche ad un soggetto non legittimato alla registrazione di un nome a dominio sotto il ccTLD .it il ricorso alle procedure di riassegnazione. Come risulta dai lavori preparatori contenuti nei verbali del Comitato esecutivo della Naming Authority, le norme italiane traggono ispirazione dalle (e sono analoghe alle) regole poste da ICANN per le MAP (Mandatory Administrative Procedure). I problemi di legittimazione, peraltro, nascono nel nostro ordinamento dal fatto che mentre i domini .net, .org e .com possono essere registrati da chiunque nel mondo, i domini .it possono essere registrati soltanto da cittadini dell'Unione europea. Si pone quindi il problema se un soggetto che, per tale motivo, non potrebbe autonomamente registrare un nome a dominio nel ccTLD .it, sia tuttavia legittimato a richiederne la riassegnazione o la cancellazione.

La risposta è positiva. Le regole di naming prevedono, all'art. 14, che "Chiunque può contestare presso la RA i nomi a dominio". Dato che, ai sensi dell'art. 16.1 delle regole di naming, "I domini registrati sottoposti a contestazione ai sensi dell'art. 14 possono essere, a richiesta di chi li ha contestati, sottoposti alla Procedura di riassegnazione", il termine "chiunque" indicato dall'art. 14 costituisce la base per la legittimazione alla procedura di riassegnazione. Al contrario, se si fosse voluta limitare l'esperibilità della procedura ai soli legittimati alla registrazione dei nomi a dominio, l'art. 14 avrebbe fatto riferimento alle limitazione previste dall'art. 4 delle regole di naming. Ciò è altresì confermato dall'art. 1 delle procedure di riassegnazione, il quale esordisce affermando che "Ogni persona fisica o giuridica può avviare una procedura amministrativa presso un ente conduttore abilitato (…)".

Anche sotto l'aspetto sistematico l'interpretazione qui accolta si presenta la più congruente con i principi dell'ordinamento italiano ed internazionale. Andare infatti di contrario avviso, e consentire quindi l'accesso alle procedure di riassegnazione  solo a soggetti che siano legittimati a registrare un nome a dominio sotto il ccTLD .it, significherebbe creare nel .it una zona franca, nella quale l'efficacia e la vincolatività delle  norme internazionali in tema di marchi registrati risulterebbe notevolmente ridimensionata, nonostante siano state ratificate e rese esecutive nel nostro Paese. E' il caso di sottolineare che, se così fosse, il nostro Paese incorrerebbe in responsabilità in campo internazionale per la palese violazione dei trattati per la tutela dei marchi e della proprietà industriale cui ha aderito; per non parlare del fatto che, se fosse da accogliersi l'interpretazione contraria,  le norme poste in essere dalla Naming Authority favorirebbero, anziché combattere, il cybersquatting.

La Mastercard International, quindi, è pienamente legittimata alla presente procedura.

3) Allegazioni del ricorrente

La ricorrente afferma di essere titolare del marchio registrato Mastercard in Italia ed all'estero. A supporto di tale affermazione ha prodotto una serie di documenti comprovanti le seguenti registrazioni di marchi in Italia:


Deduce la ricorrente che il nome a dominio contestato è identico, salvo che per il suffisso .it, al suddetto marchio. Deduce inoltre che l'attuale assegnatario non ha alcun diritto o legittimo interesse al nome Mastercard, svolgendo la propria attività ed essendo nota sotto il nome "Future Time di Alessandro Marini s.a.s.".

La ricorrente sostiene poi che l'attuale assegnatario avrebbe registrato e starebbe usando il dominio in malafede. A riprova di quanto affermato, la ricorrente, premesso di essere titolare e proprietaria da anni del marchio Mastercard utilizzato, ma non solo, per servizi finanziari resi attraverso carte di credito, espone la propria storia, indissolubilmente legata allo sviluppo ed alla diffusione della omonima carta di credito. A sostegno della notorietà del proprio marchio, la ricorrente sottolinea il fatto che vi sono in circolazione più di un miliardo di marchi e loghi Mastercard sia sulle carte in circolazione che nei 18 milioni di esercizi convenzionati che accettano Mastercard come mezzo di pagamento. In particolare, la ricorrente documenta  che sono in circolazione nel mondo 177,9 milioni di carte di credito con tale marchio ed in Italia 4 carte su 10 emesse recano il marchio Mastercard .

La notorietà del proprio marchio viene inoltre documentata dalla ricorrente offrendo prova delle numerose sponsorizzazioni con cui per anni e di recente ha legato il suo nome ad eventi sportivi di risonanza mondiale.

Sulla base di tale documentazione, la ricorrente deduce la malafede dell'attuale assegnataria, sostenendo che essa non poteva non essere conscia del fatto che, registrando il nome mastercard.it, si appropriava illecitamente della rinomanza di questo marchio. Mala fede confermata e documentata dal fatto che la stessa Future Time offre ai propri utenti la possibilità di utilizzare quale mezzo di pagamento per i propri servizi la carta di credito Mastercard.

La ricorrente afferma e documenta poi, quali elementi atti a dimostrare la malafede del resistente, che la Future Time avrebbe assunto un atteggiamento speculativo alle richieste della Mastercard di restituire il nome a dominio, e che avrebbe registrato, nell'ambito del medesimo disegno accaparratorio, una serie di altri marchi registrati di rinomanza mondiale, quali Boeing, Calvin Klein, Chanel 5, etc. Richiesta di cedere il nome a dominio, la Future Time avrebbe rifiutato la somma di lire 2.000.000, ritenendola incapiente.

4) Nel merito

Per ottenere la riassegnazione di un nome a dominio contestato le regole di naming italiane (corrispondenti, per quel che qui rileva, alla Uniform Domain Name Dispute Resolution Policy adottata da ICANN il 24 ottobre 1999), impongono al ricorrente di dimostrare (a)  che il nome a dominio contestato è identico o tale da indurre confusione rispetto ad un marchio su cui egli vanta diritti, o al proprio nome; (b) che l'attuale assegnatario non ha alcun diritto o titolo in relazione al nome a  dominio contestato; ed infine (c) che il nome a dominio e' stato registrato e viene usato in mala fede (art. 16.6).

a) identita'  del nome secondo l'art. 16.6 lett. a) regole di naming.

Per quanto riguarda l'art. 16.6 (a) delle regole di naming, l'ampia messe di produzioni documentali ha provato al di là di ogni dubbio che il nome del dominio in contestazione è identico al marchio registrato della ricorrente ed alla sua denominazione sociale.

Si ritiene pertanto soddisfatto dalla ricorrente quanto richiesto dall'art. 16.6 (a)

b) diritto e titolo sul nome a domino contestato secondo l'art. 16.6 lett. b) regole di naming.

Secondo l'art. 16.6 delle regole di naming il ricorrente ha l'onere di dimostrare che il resistente non ha alcun diritto o titolo al nome a dominio contestato (punto b). Contestualmente, detto articolo prevede che al resistente sia a sua volta riconosciuto il diritto o il titolo all'uso del nome a dominio qualora dimostri l'esistenza delle circostanze di cui ai punti 1, 2 e 3.

L'interpretazione di tale norma, apparentemente contraddittoria, è ormai consolidata sia nel nostro ordinamento (si veda la decisione "benistabili.it", all'URL http://www.e-solv.it/decisioni/benistabili.htm) sia nelle MAP di ICANN che riportano analoga disposizione. Secondo tale interpretazione, le suddette norme devono essere intese nel senso che, una volta provato dal ricorrente il proprio diritto al nome a dominio contestato e che il resistente non appare averne alcuno, spetti al resistente provare il proprio diritto o titolo al suddetto nome, oppure una delle circostanze previste dall'art. 16.6, punti 1, 2 e 3, alle quali le regole di naming  attribuiscono una vera e propria  presunzione juris et de jure che il resistente abbia a sua volta titolo al nome a dominio contestato (art. 16.6 III comma delle regole di naming).

Sul punto, la ricorrente ha indubbiamente provato il suo diritto al nome a dominio mastercard.it, sia in quanto identico alla sua denominazione sociale, sia in quanto corrispondente ad un proprio marchio registrato. Ha altresì dimostrato (ed è stato verificato) come da un lato la denominazione sociale della resistente nulla abbia a che fare con il nome Mastercard, dall'altro che nessun tipo di attività in qualche modo legittimamente connessa a tale nome appare essere mai stata svolta dalla ricorrente nel dominio in contestazione.

La Future Time, pur essendo stata messa ampiamente in grado di contraddire, non si è costituita nella presente procedura e quindi nulla ha opposto a quanto dedotto e documentato dalla ricorrente, e meno che mai ha provato l'esistenza di un  proprio diritto o titolo al nome a dominio mastercard.it, oppure  di una delle circostanze da cui l'art. 16.6 impone presumere l'esistenza di un titolo al nome a dominio in contestazione.

Del resto, al di là del fatto che era onere della resistente provare tali circostanze, risulta agli atti prova documentale contraria.

Ed infatti:

a) è escluso che il resistente "prima di avere avuto notizia della contestazione ha usato o si è preparato oggettivamente ad usare il nome a dominio o un nome ad esso corrispondente per offerta al pubblico di beni e servizi" (art. 16.6.1 regole di naming). A circa un anno dalla registrazione del nome a dominio in questione non v'è traccia alcuna agli atti di alcun uso o alcuna preparazione all'uso del dominio per gli scopi previsti dalle norme, e men che mai di tale preparazione v'è traccia in data precedente al  15 maggio 2000, data in cui è documentata la prima lettera di contestazione della Mastercard;
b) è parimenti escluso che il resistente "è conosciuto, personalmente, come associazione o ente commerciale, con il nome corrispondente al nome a dominio registrato", in quanto, in tutti i siti registrati, la resistente è sempre indicata come Future Time;
c) è infine da escludersi che la resistente "del nome a dominio sta facendo un legittimo uso non commerciale, oppure commerciale senza l'intento di sviare la clientela del ricorrente o di violarne il marchio registrato", in quanto si tratta di marchio di tale notorietà da potersi ragionevolmente escludere che la Future Time non sapesse di stare violando i diritti della ricorrente (sotto questo aspetto, il ricorrente ha documentato come la ricorrente, nel proprio altro sito www.tuodominio.it, specifichi di accettare come mezzo di pagamento la carta di credito Mastercard).

Si ritiene pertanto soddisfatto dalla Mastercard International anche quanto previsto dall'art. 16.6 (b)

c) registrazione ed uso in mala fede secondo l'art. 16.6 lett. c) regole di naming.

In relazione a tale ultimo presupposto, la ricorrente ha dedotto e documentalmente dimostrato tutta una serie di circostanze, le quali anche se prese singolarmente sarebbero sufficienti a dimostrare l'elemento della malafede della Future Time così come intesa dall'art. 16.6 lett. c) e 16.7  delle regole di naming.

Più in particolare:

1)
La ricorrente ha documentato il fatto che la resistente ha registrato svariate decine di nomi a dominio, molti dei quali corrispondenti a marchi famosi. Fra essi, per citarne alcuni, boeing.it, chanel5.it, calvinklein.it, eurodisney.it, jvc.it, iveco.it, etc. A questi domini non corrispondono siti delle relative società, bensì una pagina a cura della Future Time che pubblicizza i servizi resi, appunto, dalla Future Time. Un esame più accurato rivela poi che ciascuna delle suddette pagine altro non è che un frame, il cui contenuto punta per tutte quante allo stesso indirizzo IP, ossia 194.244.66.6. Stesso discorso per tutta un'altra serie di nomi a dominio corrispondenti a nomi di personaggi famosi del mondo dello spettacolo, quali beatles.it, backstreetboys.it, bobmarley.it, pinkfloyd.it, etc. Anche per essi le pagine sono tutte uguali, ed il frame punto allo stesso indirizzo IP 194.244.66.6.

Anche se le regole di naming italiane non hanno esplicitamente ripetuto, fra le circostanze dalle quali può essere dedotta la mala fede dell'assegnatario del nome a dominio, l'intera  previsione di cui all'art. 4, b, II della Uniform Domain Name Dispute Resolution Policy approvata da ICANN il 24 Ottobre 1999, l'art. 16.7, ultimo comma delle regole di naming specifica che "il collegio di saggi potrà rilevare elementi di mala fede nella registrazione e nell'uso del nome a dominio anche da circostanze diverse da quelle   sopra elencate". Ritiene pertanto questo collegio che la registrazione da parte della Future Time di decine e decine di nomi a dominio corrispondenti a marchi di rinomanza mondiale sui quali la resistente palesemente non vanta alcun diritto costituisca elemento dal quale dedurre una operazione di cybersquatting e, pertanto, la malafede della resistente cosi come intesa dall'art. 16.6 lett. c) e art. 16.7 delle regole di naming.

2)
Risulta agli atti che nel corso delle trattative stragiudiziali la Future Time ha richiesto alla Mastercard una somma che appare ben superiore ai ragionevoli costi di registrazione e mantenimento del nome a dominio in questione. In data 27 settembre 2000 l'avv. Giovanni Biagi, per conto della Future Time, si dichiarava disponibile a consentire alla Mastercard l'utilizzo dell'indirizzo www.mastercard.it  per la somma di lire 100.000 mensili, giustificate come "rimborso spese di gestione per il periodo in cui la mia cliente [Future Time, n.d.r.] ha già versato alla Authority i diritti per la gestione dell'uso". Successivamente, in data 11 ottobre 2000, lo stesso avvocato per conto della Future Time respingeva una offerta di lire 2.000.000 per l'acquisto del dominio avanzata dal legale della Mastercard Incorporated il 28 ottobre 2000, ritenendola "sicuramente incapiente rispetto ai programmi ed alle somme ad oggi investite."

Peraltro, dall'esame degli indirizzi URL di cui è traccia nelle lettere dell'avv. Biagi del 27/9/2000 e dell'11/10/2000 prodotte agli atti dalla ricorrente (www.mastercard,it e fantasy.mastercard.it) non risulta affatto l'esistenza di un progetto o di un programma tale da giustificare le somme richieste.

Alla pagina www.mastercard.it alla quale, al momento dell'introduzione della procedura, risultava una schermata per l'accesso al data base whois del tutto identica a quella esistente nelle altre pagine web di altri domini registrati dalla Future Time, alla data odierna non appare più nulla; mentre all'indirizzo fantasy.mastercard.it compare il solito frame il cui contenuto punta al solito indirizzo IP 194.244.66.6, comune a tutti i siti registrati dalla Future Time.

Nè appare rilevante la circostanza che entro il dominio esista una pagina web, all'indirizzo www.fantasy.mastercard.it, citato nella lettera Future Time del 9 maggio 2000, parimenti prodotta dal ricorrente con una schermata della pagina stessa, in cui si fa riferimento ad un sito dedicato ai giochi a tavolo. Su tale pagina (tuttora in linea) si trova solo un form per l'indicazione di nome utente e password, con l'indicazione che i suddetti dati "sono richiedibili esclusivamente presso il nostro circolo ricreativo "Troll and Druid of Fantasy Master Card" di S. Allucio di Uzzano (PT)". Ebbene, appare estremamente singolare che non sia indicato né l'indirizzo postale, né il numero telefonico o fax, né l'indirizzo e-mail di tale circolo ricreativo; ed invero un ipotetico utente Internet che volesse richiedere nome utente e password per accedere al sito non saprebbe a chi rivolgersi per farlo. Più verosimile, anche alla luce di tutte le circostanze raccolte nell'espletamento della presente procedura, è quindi il fatto che si tratti di un nome di fantasia, coniato appositamente per dare una qualche forma di legittimazione al fatto di trovarsi sul dominio mastercard.it e dimostrare un apparentemente lecito uso del nome a dominio.
Ma anche l'esistenza di tale circolo ricreativo risulterebbe comunque ininfluente. Affinché sia dimostrato il titolo dell'assegnatario-resistente al nome a dominio, l'esistenza di una circostanza fra quelle indicate all'art. 16.6, punti 1, 2 e 3 deve essere dimostrata (dal resistente) sussistere in capo all'assegnatario del nome a dominio in contestazione, e non a qualunque altro terzo (come in questo caso sarebbe il circolo ricreativo).

A ciò va aggiunto che la Future Time risulta accreditato come maintainer presso la Registration Authority (tag maintainer: FUTURETIME-MNT), e quindi paga per la registrazione di ogni nome a dominio quanto previsto dal contratto Maintainer - Registration Authority (ossia: lire 30.000 annue, che per l'anno prossimo diminuiranno a lire 9.500 annue).

Alla luce di quanto sopra, appare palese che la richiesta di lire 100.000 mensili per il solo utilizzo (e non la cessione) di spazio all'indirizzo www.mastercard.it è del tutto spropositata rispetto alle spese che la resistente può avere ragionevolmente sostenuto per il mantenimento del dominio; così come il rifiuto della ancor superiore somma di lire 2.000.000 induce a ritenere l'esistenza di un intento speculativo, e quindi, anche in questo caso, l'esistenza di una registrazione e di un mantenimento del nome a dominio in malafede ai sensi dell'art. 16.6 lett. c) e 16.7 regole di naming.

3)
 V'è poi da rilevare che, come dedotto e documentato dal reclamante, nessun tipo di attività appare svolto sul dominio (si ricorda che su esso non esiste neppure la casella e-mail postmaster@mastecard.it non essendo da ritenersi rilevante, come visto, l'esistenza della pagina www.fantasy.mastercard.it.

E' quindi ragionevole dedurre che il nome a dominio sia stato registrato allo scopo di impedire alla legittima avente diritto di registrare un nome a dominio corrispondente al proprio nome ed al proprio marchio; circostanza anche questa che, come le precedenti, questo collegio ritiene prova di malafede così come intesa dagli artt. 16.6 lett. c) e 16.7 regole di naming.

 Le circostanze sopra elencate, viste nel loro complesso, ad avviso dello scrivente appaiono concordi nel dimostrare la malafede prevista dall'art. 16.6 lett. c) regole di naming nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio da parte della Future Time.

5) Sulla domanda del ricorrente.

Nel sottoporre al collegio le proprie conclusioni, il ricorrente ha richiesto che il nome a dominio venga trasferito alla propria filiale europea, la Mastercard International Incorporated con sede in Belgio, o, in subordine, che il nome a dominio assegnato alla Future Time venga revocato.

E' quindi da esaminare, da ultimo, se alla luce delle regole di naming italiane la ricorrente sia legittimata a chiedere il trasferimento del nome a dominio ad altro soggetto o, in subordine, a chiederne la cancellazione.

Sotto il primo profilo, la risposta appare negativa. Nel caso di riassegnazione, le regole di naming presuppongono sempre l'identità fra il soggetto che inizia la procedura e quello cui, all'esito positivo del procedimento, il dominio viene trasferito (si veda per tutti l'art. 16.6, II comma, secondo cui "Se il ricorrente prova che sussistono assieme tutte e tre le condizioni che precedono, il nome a dominio   contestato viene trasferito al ricorrente stesso").

D'altra parte, appare contrario ai principi generali del nostro ordinamento che un provvedimento vada ad incidere - seppure, come nel nostro caso, positivamente - nella sfera giuridica di un soggetto che non è stata parte del procedimento.

Pertanto, la domanda posta in via principale dalla Mastercard non puo' essere accolta.

Merita invece accoglimento la domanda subordinata di revoca, in quanto ammissibile e, per quanto esposto in precedenza, pienamente fondata.

Deve infatti ritenersi pienamente ammissibile, nell'ambito delle procedure di riasssegnazione, anche  la sola domanda di cancellazione di un nome a dominio. E ciò per motivi testuali, logici e sistematici

Sotto l'aspetto testuale, si osserva che  l'art. 3, n. 9 delle procedure di riassegnazione richiede espressamente al ricorrente di indicare quale provvedimento domanda ai saggi; il che, se fosse ammissibile soltanto la richiesta di riassegnazione, apparirebbe disposizione contraddittoria (di fatto, questa interpretazione risulta anche confermata dalla circostanza che gli enti conduttori abilitati dal presidente della NA prevedono esplicitamente nelle loro istruzioni la possibilità di chiedere la sola cancellazione).

Sotto il profilo logico, è principio generale in tema di domanda in un procedimento in contraddittorio che il più comprenda il meno. Se quindi un ricorrente è astrattamente legittimato a richiedere la riassegnazione del nome a dominio, che sostanzialmente altro non è che una revoca seguita da una nuova assegnazione a favore del ricorrente, allora non può che essere anche legittimato a richiedere anche la sola cancellazione del nome a dominio.

Ma le conferma definitiva si ha esaminando la questione sotto l'aspetto sistematico. Negare infatti la legittimazione a richiedere la sola cancellazione del nome a dominio significherebbe andare contro la specifica, già sottolineata  dizione dell'art. 16.1 delle regole di naming ("Chiunque puo' contestare presso la RA i nomi a dominio") e dell'art. 1 delle procedure di riassegnazione ("Ogni persona fisica o giuridica può avviare una procedura amministrativa presso un ente conduttore abilitato"). E' evidente che non avrebbero senso le esplicite dichiarazioni dei suddetti articoli, che consentono a chiunque (e quindi anche a soggetti non appartenenti alla Unione Europea) di adire le procedure di riassegnazione, se poi le domande dei soggetti extracomunitari dovessero essere a priori respinte.

Così come è evidente che negando la possibilità di chiedere la sola revoca del nome a dominio si avrebbe su Internet una grave distorsione applicativa sia delle norme di tutela sui marchi, sia delle norme di tutela del diritto al nome. Entrambe, infatti, accordano ai titolari dei relativi diritti una tutela anche solo inibitoria, ossia la facoltà di impedire ad altri l'utilizzo dei propri nomi o marchi, senza con ciò imporre al titolare di utilizzarli in luogo di colui che li ha usurpati. Ritenere che le procedure di riassegnazione non consentano la sola richiesta di revoca del nome a dominio significherebbe, di fatto, da un lato lasciare senza tutela inibitoria i soggetti titolari di diritti su marchi che non appartengono all'Unione europea, che pure a tale tutela hanno diritto in virtù di trattati internazionali pressocchè universalmente riconosciuti; dall'altro, costringerebbe i titolari di nomi o di marchi a registrare comunque e sotto ogni TLD (sia geografico che generale) il dominio corrispondente. Il che appare francamente assurdo.

Non solo. Non prevedere la possibilità della sola richiesta di revoca non darebbe tutela a tutte quelle situazioni nelle quali i cybersquatter registrano varianti ortograficamente non corrette di nomi a dominio corrispondenti a marchi famosi.

Da ultimo, non si vuole mancare di sottolineare che la possibilità di domandare la sola revoca del nome a dominio contestato è ritenuta pacificamente ammissibile anche dalle norme ICANN (Uniform Domain Name Dispute Resolution Policy,   approvata da ICANN il 24 Ottobre 1999), cui le procedure di riassegnazione italiane sono esplicitamente ispirate (si veda, al riguardo, la decisione AF-0187, bayshorevinyl.com, disponibile all'URL http://www.eresolution.ca/services/dnd/ decisions/0187.htm) Talchè non si vede motivo per discostarsi da tale interpretazione.

Conclusioni

Ritiene il collegio che la ricorrente abbia ampiamente dimostrato tutte e tre le condizioni cui l'art. 16.6 subordina l'accoglimento del reclamo e, pur non essendo legittimato a richiedere la riassegnazione del nome a dominio a favore della propria filiale europea, meriti accoglimento la sua domanda subordinata di revoca dell'assegnazione del nome a dominio contestato.

P.Q.M.

Il collegio dispone la revoca dell'assegnazione del nome a dominio mastercard.it registrato dalla Future Time di Marini Alessandro & C.  s.a.s.

La presente decisione viene comunicata alla Registration Authority italiana perchè le venga data esecuzione nei termini previsti dalle regole di naming.

Roma,    7  dicembre 2000.

Avv. Alessandro Zampone

 


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